È ritornata in libreria con un nuovo romanzo, il primo ambientato in Calabria, la scrittrice Eliana Iorfida. “Il figlio del mare” è dato alle stampe da Pellegrini.
Eliana Iorfida. Foto di Gaspare Tancredi. |
Innamorata del Medio Oriente sin dai tempi dell’università, ha lasciato il cuore – racconta – in luoghi martoriati da lunghi anni di guerra, luoghi dove l’ha condotta il suo lavoro di archeologa con diverse campagne di scavi.
Ma ad un certo punto il suo percorso letterario l’ha riportata a casa. Vi si era affacciata con “La scatola dei ricordi" (Formebrevi, 2018).
«Andare in un posto lontano serve a trovare qualcosa di sé, anche una grande affinità tra la Siria e la Calabria che è la dimensione mediterranea» spiega Eliana Iorfida.
Se in Siria hanno avuto ambientazione il suo primo romanzo “Sette paia di scarpe”, premio nazionale Rai “La Giara”, pubblicato da Rai Eri nel 2014, e “Antar”, premio internazionale "Città di Castrovillari", dato alle stampe da Vertigo nel 2018, il suo ultimo romanzo risponde al richiamo di una terra, la Calabria, dai mille volti.
Una «terra che fa da sfondo universale e senza tempo a una storia intessuta con i fili della tragedia greca, sulla quale le vicende dei protagonisti - un giovane uomo che si dice "figlio del mare", una madre violata e una mancata, un pescatore dal cuore grande - si alternano a interventi lirici e corali».
La trama: L’alba sullo Ionio calabrese sorprende Bianca in spiaggia. La ragazzina si è addormentata per risvegliarsi, violata, in uno scenario surreale.
«È stata un’onda a deporle in grembo la perla di una nuova vita? Quel figlio della marea sarà per tutti Jo, pronunciato all’americana da chi non conosce il vero nome del bambino, lo stesso del mare che sembra averlo generato.
Sarà un viaggio di ritorno in Calabria, a trent’anni di distanza da quel mattino, a svelare i segreti di una vita trascorsa lontano, nell’oblio. Un viaggio nella memoria, che attraversa l’Italia e il dolore di un bambino divenuto adulto troppo in fretta. Un tuffo nel passato, tra le braccia di una terra che sa essere madre e matrigna; dove la vita resiste, chiama nuova vita e combatte, tenace come le ginestre piegate dal grecale.
La terra delle origini narrata come archetipo di se stessa, “luogo non-luogo”, spazio geografico e immaginifico. Una storia declinata secondo l’impalcatura della tragedia greca, dove la prosa dei capitoli intreccia la lirica degli interventi corali».
Bianca è la metafora di una terra sedotta e abbandonata, e un’icona di purezza, un essere delicato, una solitudine che incontra altre solitudini, quelle dei protagonisti del romanzo: Jonio, il figlio del mare che intraprende il suo viaggio fisico e interiore alla ricerca delle sue origini, lo zio Palmiro che è «un pescatore, una figura ruvida, ma dal cuore buono» e poi la nonna Angelina che cucina per i morti, per una forma di devozione popolare che non recide mai il legame tra questo e l’altro mondo, la professoressa Fiorella che riesce a leggere nell’animo di Bianca.
Le vicende si svolgono nell’arco temporale di circa quaranta anni, a partire dagli anni Ottanta, un connubio tra antico e modernità, tra «il mondo pienamente rurale della provincia e la realtà delle città che si apre al nuovo», rammenta Eliana. I ruggenti anni Ottanta, con le loro contraddizioni, emblema di un benessere conquistato, di quella voglia di guardare oltre l’orizzonte, che trova nelle popstar come Simon Le Bon e Madonna i suoi miti musicali.
Ma le vicende dei protagonisti affondano le loro radici anche negli anni Cinquanta e Sessanta, anni segnati dall’emigrazione e dalla speculazione edilizia che deturpa le coste.
Il romanzo si dipana avanti e indietro nel tempo. Narrazione e poesia si fondono, grazie ad una scrittura fortemente evocativa, allo stesso tempo delicata e minuziosa che coinvolge e appassiona.
Maria Patrizia Sanzo