Con questo secondo articolo su "La fede, le tradizioni religiose e le leggende" prosegue l'itinerario per descrivere il proprio paese, curato dagli alunni del Progetto "Piccoli Reporter di Viaggio" dell'Istituto comprensivo "Corrado Alvaro" di Chiaravalle Centrale, frequentanti il Plesso di San Vito sullo Ionio.
Chiesa matrice. Foto di Laura Tino |
Fin dai tempi più remoti il sentimento di fede e la religiosità sono molto sentiti dai Sanvitesi.
Ne è testimone la presenza di diversi edifici di culto nel corso dei secoli.
Alcune fonti ci rimandano addirittura al periodo bizantino.
Nel 1700 in particolare, vigeva una legge la quale stabiliva che ogni mille abitanti sarebbe dovuta esserci una chiesa.
Ma la partecipazione era tale che addirittura non c’erano posti per sedersi a sufficienza per tutti.
Accadeva che i fedeli dovessero portarsi la sedia da casa e fino a circa la metà del secolo scorso era ancora in uso fare così.
Le chiese
Attualmente a San Vito sullo Ionio abbiamo due chiese molto antiche: la chiesa matrice, dedicata al santo patrono, nella quale sono officiate le funzioni più importanti e la chiesa della Santissima Annunziata, detta filiale, perché dipendente per fondazione e vincoli dalla chiesa madre.
Le due chiese furono completamente distrutte dal terremoto del 1659 e successivamente riedificate.
Sono state danneggiate di nuovo dai terremoti del 1749 e 1783.
L’ultimo restauro della chiesa matrice risale al 2018.
É composta da tre navate, una centrale e due laterali.
Al suo interno troviamo diverse pregevoli opere, tra queste: la statua in legno di San Vito risalente al 1822, quella di Santa Rita datata 1850; del 1933 è l’altare ligneo scolpito da un abilissimo artigiano locale; al 1700 sono risalenti alcune tele riconducibili alla Scuola pittorica napoletana.
Ancora più antica è la vasca in pietra, usata come fonte battesimale, che reca la data 1691 ed è situata vicino l’entrata.
Interno Chiesa Annunziata, l'affresco raffigurante l’incoronazione della Vergine. Foto Roberta Rigillo. |
Sottostante la chiesa troviamo la grotta, o cripta, riconducibile probabilmente al XIII secolo.
La devozione a San Vito martire era già talmente avvertita, allora, da dedicargli questo luogo. In tempi recenti sono state rinvenute le reliquie di martiri, alcuni dei quali anonimi, e contenute oggi in piccole teche.
Una leggenda narra che stando in silenzio in questa grotta, era possibile avvertire un suono simile al fluire dell’acqua.
All’esterno, sopra al campanile svetta la statua di San Raffaele, lì collocata nel 1967. Sempre negli anni Sessanta è avvenuta la benedizione delle campane da parte di Papa Paolo VI.
La chiesa dell’Annunziata, è legata alla devozione alla Madonna del Rosario, della quale il Pontefice Pio V, nel 1571, invocò l’intercessione e alla quale attribuì il trionfo della battaglia di Lepanto.
La flotta cristiana era numericamente inferiore, ma riuscì a prevalere sull’Impero Ottomano. Sempre alla fine del Cinquecento risalgono le origini, a San Vito sullo Ionio, della Confraternita intitolata alla Madonna del Rosario.
Tra le opere più importanti custodite all’interno dell’edificio di culto, è attribuito al Pignatari il sublime affresco raffigurante l’incoronazione della Vergine.
A San Vito, lungo la strada che conduce a Cenadi, si trovano i ruderi del Convento dei Padri Carmelitani, prima Convento basiliano.
Nel 1500 circa è andato al demanio, poi tornato alla Chiesa, è attualmente proprietà privata. In quest’area, circa cinquanta anni fa è stata costruita una chiesetta, nella quale nel mese di luglio si celebra la novena e giorno 16 dello stesso mese la festa della Madonna del Carmine.
Il convento dei Carmelitani, dei quali i resti della cinta muraria presenti ne confermano la mole imponente, in passato ha rivestito particolare rilevanza come centro di formazione teologica, pari quasi a una piccola università ed è proprio qui che si è formato il padre Beato Antonio di Olivadi.
Tra gli edifici sacri presenti, troviamo anche la Chiesa del Purgatorio, riconducibile al XIX secolo e sorta come cappella nobiliare.
Cripta sottostante la chiesa matrice, con l'immagine del santo patrono. Foto di Bakita De Rose. |
La devozione a San Vito martire e le leggende
La devozione al patrono San Vito, che risale a tempi remoti. In passato era così forte e lo è ancora oggi, tanto che in quasi tutte le famiglie c’è un Vito e una Vitina.
Anche il nome del paese deriva dal patrono San Vito martire.
La ricorrenza si celebra il 15 giugno e la quarta domenica di ottobre, festa delle Reliquie o di Ringraziamento.
Il culto di San Vito è stato portato dai nostri emigranti, in America, in particolare in Canada. La ricorrenza viene celebrata due volte l’anno come nella terra di origine. L’appuntamento di giugno ricorre, però, la domenica successiva a giorno 15.
La festa del Ringraziamento, è legata a due leggende.
Una narra che nel 1800 c’è stato un periodo di carestia dovuto alla scarsità del raccolto, inaspettatamente a San Vito arrivarono dei carri colmi di grano dal Marchesato di Crotone.
Le persone che li conducevano andarono dal sindaco a chiedere se avesse ordinato lui il grano, ma il sindaco rispose di non saperne nulla, quindi andarono a chiedere al sacerdote. Appena entrati in chiesa riconobbero nell’effige di San Vito il volto del ragazzo che aveva commissionato il carico di grano.
Una signora giunta lì con i carri, indossava una croce d’oro, se la tolse e la mise al collo della statua del santo.
L’altra leggenda, quella più nota, tramanda che delle persone provenienti da Maida in cerca di grano incontrarono durante il tragitto un signore che gli disse che lo avrebbero trovato a San Vito.
Entrati in chiesa per una preghiera di ringraziamento e riconobbero nelle sembianze della statua del santo colui che aveva dato loro indicazioni riguardo dove recarsi.
Ogni anno, ancora oggi, giungono a San Vito diversi pellegrini da Maida in occasione della festa di ottobre.
Non conosciamo a quale data risalga questa tradizione, ma di sicuro viene celebrata sin dagli anni Cinquanta.
Affresco della cupola nella chiesa matrice |
La leggenda della corona
Si racconta che la corona del Santo venne rubata. Durante una processione, mentre la statua di San Vito veniva portata a spalla, la stessa diventò così pesante che si rese necessario poggiarla a terra. La processione si fermò proprio davanti la casa nella quale si trovava nascosta la corona. La persona che l’aveva rubata si senti così in colpa che la restituì.
Leggenda di Murorotto
La versione più conosciuta: nel secolo XI dove attualmente sorge il paese di San Vito sullo Ionio esisteva un lago creato con lo sbarramento di una grossa diga, della quale ancora oggi esistono imponenti vestigia, in prossimità dei confini con il comune di Petrizzi.
Presso questo lago era solito recarsi a pescare il Conte Ruggiero. Accadde che un giorno le forti piogge ingrossarono talmente le acque da costituire un pericolo per le abitazioni circostanti. San Vito con la spada distrusse la diga e così poterono defluire senza cagionare alcun danno.
Al posto della diga da quel momento si trova la pianura che accoglie il paese di San Vito e che con i suoi terreni fertili ha permesso agli abitanti di sostenersi, praticando l’agricoltura.
Tra mito e storia, oggi comunque l'agricoltura resta una voce rilevante dell'economia del luogo.
Ruderi di Murorotto |
Fra le coltivazioni, la più importante era quella del lino. Per lavorare questa fibra tessile ogni casa di ciascuna famiglia aveva il suo telaio.
In fatto di filati, San Vito ha lasciato la sua impronta nel passato anche per l'allevamento dei bachi e la lavorazione della seta.
Riguardo la leggenda Murorotto si racconta, ancora, che dalla piazza in poi ci fosse un lago racchiuso da una diga.
Gli abitanti disperati per mancanza di terreni da coltivare pregarono San Vito affinché li aiutasse. Con una spada distrusse la diga e così gli abitanti ebbero terreni a sufficienza da coltivare.
Articolo redatto, grazie all'appassionato lavoro di ricerca degli alunni: Clelia Cardamone, Paola Casalinuovo, Barbara Coccoglioniti, Maria Coccoglioniti, Bakita De Rose, Gianni Dominelli, Siria Gironda, Domenico Parisi, Aurora Rauti, Roberta Rigillo, Noemi Sinisi, Denise Scolieri, Valeria Scolieri, Sofia Staglianò, Domenico Tino e Laura Tino, con la supervisione della professoressa Rosalba Macrì, tutor del progetto, e della giornalista Maria Patrizia Sanzo, quale esperta esterna.
Si ringraziano per la disponibilità e collaborazione il parroco, don Roberto Ghamo, e l'avvocato Vito Tassone.