Gentile utente, questo sito utilizza i cookies per migliorare e facilitare la tua esperienza di navigazione e per fornirti servizi ed annunci in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, premendo su Accetta o proseguendo la navigazione all'interno del sito acconsenti all’uso dei cookie.

È eccezionale il ritrovamento delle grotte rupestri, avvenuto nell’entroterra calabro, a Palermiti, in provincia di Catanzaro. Una scoperta che ha destato moltissimo interesse.

Crediti: pagina Facebook Calabria Orme dimenticate

Un ritrovamento ancora da indagare, da studiare per essere completamente svelato, datato, definito e che potrà aggiungere ulteriori importanti tasselli alla storia della regione.

Dell’esistenza di diverse cavità si narrava nella comunità, ma Renzo Peronaci, appassionato di archeologia e storia locale, ha saputo guardare con nuovi occhi, ciò che la tradizione orale popolare riconduceva a rifugi, realizzati durante la seconda Guerra mondiale o a nascondigli scavati dai briganti, o più genericamente opera degli «antichi», come è consuetudine, da queste parti, indicare gli avi.

Una scoperta che è avvenuta grotta, dopo grotta. Molte delle quali site in luoghi impervi e nelle quali, racconta Peronaci, è riuscito ad accedervi inerpicandosi per irti sentieri ed anche trascinandosi a pancia in giù attraverso angusti ingressi, ricoperti da arbusti e vegetazione varia.

La sua ricerca è straordinaria perché ha condotto alla mappatura di circa cinquanta cavità rupestri, ma potrebbero essere molte di più. Alcune di esse recano simboli religiosi, accolgono sedute e altari. Qui la chiave di volta per Peronaci, l’elemento che collega il tutto.

Ora bisognerà comprenderne bene la funzione, stabilire se la disposizione di queste avesse una sua ratio, se rispetto alle altre o a una principale, da chi fossero abitate. Si è avanzata l’ipotesi di grotte paleocristiane. Sono riconducibili ad un ordine religioso? Ci può essere stata un’eventuale influenza della realtà Cassiodorea, del Vivarium fondato nella vicina Squillace? Si è parlato di Alto Medioevo

Linee di indagini che vanno studiate e esplorate, per concorrere a delineare un quadro che potrebbe essere anche più interessante, per decifrare arcano e mistero, per scrivere pagine di storia ancora sconosciuta.

Con meticolosa precisione, Peronaci ha appuntato la data di ogni esplorazione, avvenuta da agosto 2021 ad aprile 2022. Ad assisterlo, condividendone curiosità, stupore ed emozioni, la moglie Loderana Teti.

 Ha studiato, ha approfondito per andare oltre il racconto locale, per trovare un nuovo senso. A illuminarlo e a condurlo sulla via giusta, la tesi sostenuta, in un vecchio filmato, da don Innocenzo Lombardo, già parroco di Palermiti, sul significato del toponimo del luogo.

 

Crediti: pagina Facebook Calabria Orme dimenticate

Palermiti deriverebbe da due parole greche: “pàlaios” ed “erimìtes”, “luogo di antico eremitaggio”.

Della sua stessa scoperta, Peronaci si dichiara ancora sbalordito. Sulla scorta dell’idea di don Innocenzo, egli racconta «non cercavo le grotte, ma la “cicatrice” che aveva dato il nome al paese, una cavità naturale che recasse una qualche incisione, che riconducesse ad una vita eremitica.

Delle grotte si sapeva a Palermiti, ne erano al corrente per lo più i proprietari dei terreni, o pastori. Erano a conoscenza di una decina di cavità. Non si pensava ce ne fossero di più. La mia supposizione, che pensavo un’utopia, si è rivelata realtà, da qualche parte i simboli religiosi c’erano davvero. La mia scoperta è stata accompagnata dall’incredulità».

Le grotte di Palermiti, quale che sarà la storia che con la loro esistenza hanno sinora custodito, rappresentano già un sito archeologico di grande valore.

A farle assurgere alla ribalta è stata la convergenza di più elementi: la passione di chi ha voluto indagare, la caparbietà dell’Amministrazione comunale che ha lavorato per tutelarle, attraverso il vincolo che la Soprintendenza Archeologica ha concesso, la collaborazione di Italia Nostra, ente di salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali, la sensibilità di un’antropologa di fama internazionale quale Patrizia Giancotti, tornata a vivere nella sua Palermiti.

Un’unione di intenti e di impegno che è stata determinante.

La straordinarietà del ritrovamento è arrivata alla popolazione, che con la sua vastissima partecipazione, al convegno, voluto dall’Amministrazione comunale per presentare la scoperta sia alla comunità scientifica che ai cittadini, ha dimostrato grande spirito di orgoglio, di appartenenza.

«Il nostro paese, nel corso degli anni – ha dichiarato il sindaco Domenico Emanuele – non ha mai avuto una risonanza per le sue risorse storico-culturali. Questo non è un traguardo, ma un primo passo. Ora viene il difficile: per valorizzare queste cavità rupestri, tali da essere fruite da visitatori e per proiettare questo sito in un’eco nazionale».

 

Un momento del convegno

Aver dotato l’Amministrazione comunale del decreto di interesse culturale significa aver fornito uno strumento per tutelare, ha osservato Stefania Argenti, alla direzione della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Crotone e Catanzaro. Ha evidenziato, inoltre, «l’approccio costruttivo» dell’Amministrazione comunale di Palermiti, «proficuo esempio di collaborazione» durante la realizzazione dell’iter.

Diversi gli interventi registrati, in un susseguirsi di affascianti osservazioni ed ipotesi: da Francesco Cosco, deputato di Storia Patria per la Calabria, all’archeologo Eugenio Donato e a Domenico Benoci del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, il quale ha annunciato porterà la notizia del ritrovamento al Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana che, a settembre, si svolgerà in Serbia a Belgrado.